Vendo antibiotici contro l’astensionismo.

Tutti presi dal videomessaggio del cav. e dal verdetto dell’ ultima sentenza del tribunale di Milano. Tutti intenti a capire se le due cose fossero connesse, e se cioè il vecchio volpone avrebbe fatto dietrofront perché sapesse o si aspettasse qualcosa dalle sue amate quanto temute toghe. Il gol di Bergessio era regolare e Sandy a New York continua a intimorire. Tutto condito da due interessantissime interviste a mister Fabrizio Corona, sabato apparso a Verissimo, (e per chi si fosse perso lo spettacolo) ieri riproposto a Domenica Live. Cronache di un freddo e monotono weekend. E con tutto il rispetto per il sisma sul Pollino, che continua a tossire, su cui bisognerebbe parlare più ampiamente, in molti riflettono a posteriori su un fenomeno politicamente allarmante emerso stamane, che qualcuno, me e Grillo compresi, aveva preannunciato: l’astensionismo in Sicilia è un presagio della morte del politichese e del partito. Non so se ridere compiacendomi o piangere di rabbia. Ma a me chi me lo fa fare, di piangere, dico. Troppo tempo speso a criticare i doppiopetto incravattati in Parlamento che non si sono accorti che scaricando barili non si raccattano voti semmai qualche cantina, troppa enfasi nel ribadire che il governo tecnico/tecnologico di Monti che in questo modo inasprisce e incattivisce la gente. Troppo tempo ad invocare le primarie, rivedendone però le modalità e la statura. Come non detto. Era meglio se mi interessavo, in questi mesi, del buco dell’ozono. Ed è bastata una nuotata: Beppe Grillo ha raggiunto un risultato storico in Sicilia. E la faccia dei partitocrati me la immagino alquanto sbiancata. Pronti a scaricarsi le colpe (non più i barili) l’uno contro l’altro. E’ colpa tua. E’ colpa delle alleanze. E’ colpa del maltempo. Per colpa di chi, chi, chi. Se fossero nate, sotto il cavolo o sotto la cicogna, riforme serie in parlamento, ma che avessero riguardato connotazione, spese e tagli del parlamento stesso, oggi parleremmo d’altro, d’altre robe meno tristi: occorrevano decreti, seppur di facciata, che mostrassero alle persone normali, che non fossero soltanto loro a pagare le conseguenze di questa crisi; occorreva costringere alle dimissioni la Minetti rimandandola a togliere molari, dare più credito alla Polverini e non isolarla come un virus in quarantena, cacciare al calci nel culo Fiorito e suoi pari, derattizzare i partiti, accettare le critiche, salvaguardare i giovani della politica attiva. Beppe Grillo (o l’antipolitica, fate voi) ha il successo che si merita. O meglio, ha quello che la politica demerita. Perché un voto è la cosa più complessa e più semplice che ci sia: vale poco e vale tanto, ti tiene in vita e ti costringe alla resa, implode ed esplode. Il voto esprime l’euforia politica del popolo, il non voto la sua apatia. Pur non avendo attestati chimico/farmaceutici, credo però di possedere qualcosa di cui i partiti possano servirsi per superare il loro fastidiosissimo status influenzale: antibiotici che iniettano spirito politico e trasparenza etica, alla base di erbe e di umiltà.  

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