Da xenofobi a esterofili.
Miscellanee dell’italiano medio. che il vecchio e buon patriottico
abbia ceduto il passo al novello cosmopolita?
Di Sergio Staino |
Si finisce poi col credere che sia tutta colpa della Lega lombarda, se tanti giovanotti si autocelebrano nazionalisti, pronti a tutto pur di boicottare l’immigrato di turno. Diventano seri i soffocanti deliri del Senatur, le sguaiate massime di Borghezio, o il vecchio sarcasmo del buon Calderoli se ci si scopre d’improvviso intolleranti verso lo straniero. Miei pensieri di qualche anno fa, che si aggiungevano alla costante mia certezza che tutto ciò fosse alimentato da una cattivissima gestione del fenomeno/problema immigrazione. La Bossi-Fini deluse un po’ tutti, compresi i traghettatori, o meglio dirottatori d’onda del pensiero nazionalista borghese che tanto ci ricordava, a parole, quello prebellico. Insomma, se poi si aggiungeva qualche rom scippatore di quartiere su un quotidiano di cronaca locale, tutto risultava più gravemente allarmante. Giorno per giorno si arriva ad oggi. La lega, oltre ai suoi putrefatti scheletri nell’armadio, non ha mostrato altro. Anzi, di schiamazzi leghisti, che provengano da Pontida o da Montecitorio, non se ne sentono più, a riguardo. Sarà stato quel simpaticone di Belsito o l’audace Rosy Mauro, ad imbalsamare i vecchi leoni padani. La Lampedusa agitata e trafficata, ci fa pur sempre visita, qualche volta in tv. I problemi e le priorità del governo Monti sono ben altri, figuriamoci se si pensa all’immigrazione. Eppure, ebbene si. Qualcosa si è placato. Per le strade, in tv, sui social network, su qualche quotidiano dagli editoriali esuberanti, non v’è più traccia dell’italiano chiuso, scettico, morbosamente occidentalista, quello che temeva Pisapia che a Milano si sognò un giorno di edificare una moschea. Che la crisi abbia smantellato le vecchie fobie? Può darsi. Ma se ha compiuto questo passo, ai danni di quella fastidiosa e delirante xenofobia, a cui eravamo, ahinoi, abituati, nella stessa crisi qualcosa di buono c’è stato: c’ha distratto. O almeno ha distratto chi, Lega compresa, credeva, qualche mesetto or sono, che i (troppi) stranieri altro non fossero che un annoso e dannoso problema. E mi risparmio sul vittimismo sinistroide, che pure poco sopportavo. Le lagne extraparlamentari di politici di sinistra radicale, che di un seguito pratico non ne hanno mai visto neanche l’ombra, avevano anch’esse stufato, gridando alla pace e all’uguaglianza, come se fossimo stati alla presa della Bastiglia. Politiche vecchie, assuefatte ormai. L’italiano cosmopolita che non si lagna, quello che galleggia nel mio bicchiere mezzo pieno, ha capito che l’immigrazione, come tutti i fenomeni di questo mondo, va accettata e gestita al meglio, estrapolando e mettendo le sue risorse al servizio del bene comune. Ogni paese industrializzato che si rispetti, ha vissuto, nei cicli storici, d’immigrazione. Gli ultimatum o diktat alla padana, o le grida a “Pace, amore e fantasia” dei sinistri, non son mai risultate utili, figuriamoci applicabili. Il cosmopolitismo deve, e come io credo, può giocare un ruolo fondamentale. L’italiano di cui parlavo poche righe fa, ha intuito che è solo con l’incastro delle diversità e con una regolarizzazione ragionata delle “visite ospiti” che il paese diviene realmente produttivo. E non si tratta di colore politico: che si lasci da parte quando occorre, questa politica, già fin troppo obesa. E’ praticità, vita quotidiana. L’italiano xenofobo e rancoroso, non ha mai guardato avanti, oltre il suo domani. L’immigrazione è come un giorno della settimana: che ti piaccia o no, arriva e devi affrontarla al meglio.
Se i leghisti, rivendicano da più di vent’anni l’autonomia di una terra che autonomamente non è mai esistita, perché non poter vestire i panni dell’esterofilo, visto che prima della tua terra, nasce la terra che ti circonda?
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