Pronti, partenza, al voto
Il punto del mio lunedì. Nel dibattito politico peninsulare che rassomiglia ad un amore non corrisposto con annessa “cotta” per uno che manco ti vuole, si apre una nuova settimana di carne alla griglia e di tanto, ma tanto fumo.
La
folla di piazza del Popolo (della Libertà) a Roma, le riunioni di Bersani con
la società civile e la scadenza del mandato di Giorgio Napolitano suggeriscono
scenari che non rassomigliano a quelli Ciprioti, ma quasi. C’è da una parte un
certo senso di responsabilità, interno al centro destra che seppur condito dal
solito politichese dei veterani da strapazzo, insiste sul governo di larghe
intese, che a conti fatti è l’unica possibile via d’uscita per evitare le urne.
Dall’altra c’è una parte politica che, come se volesse togliersi tutte le
soddisfazioni di una vittoria, ahiloro,
risicata, detta cariche istituzionali proprie e non apre neanche lontanamente a
possibili aperture per garantire al paese le riforme necessarie di cui ha
bisogno.
Mi spiego meglio: mentre c’è un paese allo sfascio, che giorno dopo
giorno si lecca ferite sempre più profonde, le priorità per chi si appresta a
governare, restano il conflitto d’interessi, la riforma elettorale, e qualche
altra riforma simile che adesso mi sfugge. Del resto son proprio questi i motivi
per cui l’alleanza con Berlusconi e company sarebbe oltre che impossibile,
anche improduttiva. Dei giovani senza lavoro, della crisi monetaria, delle
aziende che chiudono e della fame, poi si parlerà. Ma non c’è da temere poiché
Napolitano con Bersani è stato fin troppo chiaro: o trovi i numeri o trovi un’altra
soluzione.
E mentre qualcuno li etichetta come “impresentabili”, qualcun altro interno
al Pd, che ne rappresenta l’ala responsabile anche se minoritaria, è pure
disposto ad accettare il governissimo con i parlamentari Pdl. L’unica cosa da
fare, in mancanza di un accordo simile, è il voto: così ha tuonato Berlusconi
alla piazza azzurra. Giampaolo Pansa ieri su Libero, ha pregato Napolitano di
restare. E a, conti fatti, non si può non essere d’accordo con lui se le
alternative rispondono al nome di Prodi o Rodotà. Re Giorgio, come annotava
Pansa, è l’unico che possa garantire in questo momento sobrietà e limpida
saggezza, che per l’amor di Dio, non gli sono mai mancate. Ma si sa, la sua
terzietà non sempre è vista di buon occhio dai vecchi compagni, specie quando
intona epilli che non siano a discapito del Cavaliere.
Mi verrebbe da
concludere con Grillo, ma è talmente palese la mancanza di sinergia con la
gloriosa macchina da guerra (campestre) di Bersani, che ogni parola è
superflua: del resto ha passato il weekend a manifestare contro la Tav, che il
Pd l’ha pure voluta, quindi di cosa parliamo. Grillo e Bersani non sono d’accordo
neanche sulla presenza dell’anice o meno nel caffè, figuriamoci nel formare un
esecutivo. E come titolavo, così concludo: tra due mesi oltre al caldo ci
aspetta pure il voto. Prepariamoci ventagli e tessere elettorali.
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