Il delfino che soffiò sulla fiamma: storia di una fine politica.
Potrei
usare la metafora più adatta e più concisa, e cioè quella della fiamma
(immaginiamola tricolore) che si spegne a poco a poco, come se gli anni fossero
più impetuosi e temibili delle raffiche di vento. Ma non lo faccio, perché oltre
alla storiella della fiamma che si spegne, c’è altro. Molto altro. Nel 1987 a
Mirabello la fiamma finiana fu accesa da
un tripode di lusso: il segretario Almirante lo designò suo successore a mo’ di
discendenza imperiale, e nessuno osò contraddirlo. In effetti, quella di
Mirabello fu una volontà profetica: a Sorrento, nello stesso anno, in un
pittorico congresso, tra gli ammalianti odori dei limoni e i sapori della
costiera, il segretario emiliano del Fronte della Gioventù, ebbe la meglio sul
veterano Rauti, che dovette aspettare tre anni per la sua rivincita: la
disfatta sicula di Pino permise poi al Gianfranco tricolore di diventarne nuovo
segretario fino al suo primo soffio sulla fiamma del 1995. “Se votassi a Roma, la mia preferenza
andrebbe a Fini” disse un brillante imprenditore dall’accento milanese amico
di Craxi nel 1993, e portò pure male perché in quell’occasione Fini perse
contro Rutelli, che non vanta chissà quale appeal politico, ma che difatti divenne
il sindaco capitolino.
A
Fiuggi, nel fortino che fu di Bonifacio VIII, oltre a qualche gelida goccia di
acqua termale, qualcuno colse “altri” brividi di freddo e temette che potesse
spegnersi d’un tratto la fiamma. Nacque Alleanza Nazionale. Sospiro di
sollievo, pericolo superato. Tranquilli, malpensanti: la fiamma è ben visibile,
o meglio c’è ancora. In ogni caso, Rauti e company non la presero bene: che c’avessero
la vista lunga nessuno l’ha mai dubitato, ma veramente voi credete che già avessero percepito qualcosa? Io non scommetto
che non sia così. Ma col senno di poi, si sa, son tutti bravi a parlare.
Compreso me. Quindi meglio proseguire. Succede che l’imprenditore di cui
parlavo prima, fonda Forza Italia e si candida alle Politiche del 1994 e fa
pure il botto. Forte del sostegno di Alleanza Nazionale, Silvio Berlusconi
fonda il Polo della Libertà, unico inconveniente? Umberto Bossi. Ma poco
importa perché, nel nostro caso, Fini cronologicamente diviene: Ministro degli
Esteri nel 2004 e Presidente della Camera nel 2008.
In
mezzo a questi due eventi, però ci sono due piccoli particolari, che sono importantissimi
per capire meglio la nostra storiella della fiamma che svanisce: nel 2006
annunciò l’eliminazione della fiamma M.S.I. dal simbolo di Alleanza Nazionale.
Annuncio quanto mai inutile, dato che nell’aprile del 2008 diede vita assieme a
Berlusconi al Popolo della Libertà: Alleanza Nazionale era già scomparso, altro
che fiamme e sigle varie: quella è roba da nostalgici! E cosa avviene? Che
cambia vedute: ridimensionamento sui temi etici e della famiglia, sull’immigrazione,
sulle unioni civili, sullo stesso Berlusconi, che dopo 15 anni improvvisamente
diventa un politico da evitare. Della sua lite con Cavaliere nel congresso
pidiellino si è già detto abbastanza: dal “che fai mi cacci ?” ai temi su “giustizia
e impunità”. E ritornare a Mirabello, luogo chiave della nostra storia, diventa
fondamentale. Nella Festa Tricolore, Fini annuncia un movimento autonomo e 3
giorni dopo fonda il gruppo parlamentare “Futuro e Libertà”. A Bastia Umbra chiede
al Cavaliere di dimettersi, ma giorno dopo giorno, Fli perde uomini più a
destra che a manca: Urso, Ronchi, Viespoli, Cosenza, Rivellini, Scalia, e ne dimentico
qualcuno. In pratica gli resta Bocchino, Menia, la Buongiorno e qualcun altro. Berlusconi
alla fine si dimette, e Fini fonda con Casini e con Rutelli il terzo Polo che
diventerà la spalla forte del governo tecnico europeista guidato dal prof/senatore
Mario Monti.
Alle
politiche dello scorso febbraio con la lista unica al Senato di Lista Civica e
la lista alla camera in appoggio a Mario Monti, Fini prende lo 0,47%. Ieri
Futuro e Libertà ha calato il sipario, e chissà che non l’abbia calato anche il
vecchio delfino. Ah dimenticavo, la fiamma si è già spenta da un pò, ma ci
siamo persi. Mea culpa.
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