New politics. Quando al peggio non c’è mai fine.
Alzi
la mano chi non si sente annoiato come al secondo ascolto di un videomessaggio
di Napolitano. Chi crede ancora alla discesa in campo di Berlusconi. Chi è
stufo dei teatrini in Parlamento ma che di riforma elettorale non ne ha sentito
proprio parlare. Delle primarie del PD, che ci sono entrate persino nel letto
la sera, con tutti i dubbi e le perplessità che l’hanno contraddistinte e
quelle del Movimento 5 Stelle che invece sono passate inosservate.
Non
sono stato mai un paranoico retore, tantomeno mi è mai piaciuta una massima
populistica strappa applausi e lacrime. Ma sono incazzato. Credevo che qualcosa
fosse ancora rincorribile, che qualcosa si potesse ancora fare. Non sono stato
mai un Montiano, tantomeno un appassionato di governi tecnici. L’ho sempre
voluto a casa, ma un anno fa. Sgambettarlo oggi, è quanto di più stupido e di incoerente
si potesse fare. Ma il Pdl ci ha abituato a questo ed anche di più. Sognano il
ribaltone, sognano ancora di sedersi in Parlamento, sono nostalgici del vecchio
Cavaliere: questo dimostra quanto siano distanti dalle piazze, dai gazebo, dall’appartenenza
e dalla militanza politica, da quello che passa per la testa e nelle tasche
degli italiani.
E allora ci tocca vedere e sentire Alfano, che
un bel vedere non è, ma quel che dice è ancora peggio. Ci tocca ascoltare
ancora Rosy Bindi, che parla di rinascite. Ci tocca aspettare Casini e le sue
nuove mosse. Ci tocca una classe politica che ferisce e poi medica, che prima
approva, poi critica. Ma ci meritiamo tutto questo? Io credo che questo è lo
scotto che dobbiamo pagare per essere entrati, in passato, nelle urne come se
fossimo entrati dal salumiere.
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