Encomio ad un titano stanco (che è pur sempre un titano)
Occorre premettere, che per
fortuna mia e del calcio internazionale parleremo e sentiremo parlare sempre,
nonostante e comunque, di lui. Occorre premettere che sono un mourinhano visionario e nell’indole, dalla
sua lite con quel sapientone permaloso di Sconcerti, quindi da tempi non
sospetti: ma ammetto che per mia colpa,
mia grandissima colpa, sarei dovuto esserlo da molto prima. Occorre
premettere che nutro antipatia per il Barcellona da quando ci giocava Rivaldo e
quindi da quando portavo ancora, ahimè, l’apparecchio ai denti, viceversa mi
inteneriva l’Inter per la sua storica e simpatica sfiga
(prima che arrivasse
lui, s’intende).
Un vincente non è mai stanco di vincere, ed io non voglio perdere mai |
Tenebroso, imprevedibile,
geniale, arrogante, elegante, fottutamente intelligente: chi osa pensare il
contrario di Josè. Ho imparato ad amare il calcio da quel catenaccio al Camp
Nou, dalla non velata gelosia per il suo ex Mancini, come se l’Inter fosse
stata la sua ragazza, dalla sua esultanza tachicardica a Siena, da quel gesto
tanto chiacchierato “delle manette”, dai suoi carusi ed allo stesso tempo dal
suo brizzolato chic.
I suoi cambi di gioco, la
tecnica, il baricentro alto e basso alto allo stesso tempo: variabile e cazzuto
come quando testi, dopo la centesima volta, l’hula hoop. Quest’anno l’ho
tradito: ho scommesso su quei bestioni del Borussia Dortmund. Proprio io, che
la Merkel così; proprio io che i
francofoni colì. E credetemi, avrei
voluto perderla la mia scommessa e non tanto perché credo che il Real di
Mourinho sia una delle sue creature più riuscite per quanto sia a sua immagine
e somiglianza, ma perché temo ci sia rimasto male. Lui, titano stanco ma sempre
sulla cresta dell’onda. Abbiamo ancora tanto da imparare e da ammirare dai
tituli mancati e da quelli che verranno.
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