Analisi del voto: il nuovo centro passa per Carlo Calenda
Balsamo per amor proprio: egli stesso ha definito così il 20% dei consensi ottenuti. Eppure, ieri sera, Carlo Calenda appariva abbastanza affranto dal suo comitato elettorale. E non ve n'era veramente motivo. La sua civica è il primo partito della Capitale e chi vuole dare vita ad un contenitore di centro non può non passare per l'ex Ministro dello Sviluppo Economico dell'esecutivo Renzi, con il quale - manco a farlo apposta - potrebbe dare vita a quel polo riformista e progressista che, diciamocelo senza imbarazzi di sorta, manca almeno da un trentennio. Sulle ceneri di Forza Italia (rianimata da Occhiuto in Calabria) potrebbe costituirsi il contenitore in grado di intercettare 1 italiano su 3 che, di fatto, nelle urne non ci va.
L'ultimo governo veramente riformista, e mi riferisco ovviamente a quello di Matteo Renzi, aveva un'anima calendiana, ma probabilmente Roma non era ancora pronta ad una sfida "sul serio". Le 2200 pagine di programma hanno intimorito probabilmente i capitolini: almeno a me ricordavano una dispensa universitaria da ripetere. Ecco, secondo me in politica la serietà non paga, o meglio, non basta.
Calenda si definisce un pragmatico ma gli manca il dono della sintesi e la capacità di parlare a tutti. Matteo Renzi, invece, è simpatico quanto un antibiotico: la Boschi ha invece, l'effetto più soave di un antidolorifico, ma stiamo li. Occorre un nuovo linguaggio tra i riformisti, qualcosa che parli anche un pochettino alla pancia: perché gli italiani, lo si sa, sono il popolo più istintivo d'Europa. Approfittare dell'Europeismo e del carisma di Tajani potrebbe essere l'arma in più. Ma un dato è chiaro, ed il verdetto romano è la ceralacca che sigilla lo status quo: per un grande centro si passa da Calenda.
Commenti
Posta un commento