Il tempo utile.
Non
è mai troppo tardi per riflettere assiduamente. Si è sempre in tempo per
cambiare rotta e a tracciarne una nuova. Quando c’è in ballo il futuro del tuo
Paese e dei tuoi cari, oltre che delle tue tasche, il compito pare più arduo
che prevedibile, ma con un po’ d’astuzia e di buonsenso riesci a tirarti fuori
dalla marea di fango e di assurdità che ti circonda, o almeno ci provi. Sogni
una derattizzazione di Camera e Senato, sogni tempi nuovi connaturati da
politica pulita, riforme ed ideologie, quelle d’una volta, le stesse che ti
hanno legato a quella passione che, malgrado tutto, non riesci a schivare.
Marzo
però non è lontano, e ciò che si diceva prima è attuabile oggi, senza rinviarlo
ulteriormente a domani. Basta tener ben presente gli ultimi dodici mesi della
politica italiana, tenere a mente le votazioni sull’Imu, quella sulla spending
review, quella sulla mancata riforma elettorale. Cercare di rimembrare le loro
facce durante l’arco del governo tecnico, sulla fiducia data all’esecutivo e le
modalità della stessa.
Ora
giocano al massacro, e questo lo si prevedeva già: c’è chi non voleva le tasse,
eppure le ha votate; che chi vuole svincolarsi dai vecchi soloni, eppure li
appoggia; c’è chi si era dimesso giurando di non presentarsi più, eppure si
candida; c’è chi hai sempre votato a destra o a sinistra ed ora te lo ritrovi
al centro o spaparanzato in qualche alleanza trasversale; ci sono i democristiani,
i socialisti, i moderati, tutti scompigliati tra loro in partiti e partitini
che sembrano essere creati apposta per confonderti le idee. Cosa fare? Chi
credere, semmai si volesse ancora credere? E la teoria del meno peggio è ancora
attuabile?
Spero
un giorno non troppo lontano, di rimangiarmi queste righe di pessimismo e di
oblio. Spero che sia rimasto veramente qualcuno che sappia ancora parlare di
politica, semmai ce ne fosse ancora. L’unica cosa utile, in questo breve tempo
utile, è votare con coscienza, come non lo si fa più da diversi anni e spegnere
la tv, che mai come in questo periodo è trionfo di retorica ed ovvietà.
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